Autostima: la misura del mio volermi bene

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Cos’è l’autostima?

L’autostima si differenzia dal “concetto di sé”, ovvero dagli elementi che useremmo per descriverci. L’autostima è la valutazione di tali caratteristiche, la valutazione che facciamo di noi stessi, sulla base di sensazioni, esperienze e messaggi che abbiamo interiorizzato nel corso della vita. É il valore ed il giudizio che ci si attribuisce, ed è uno dei pilastri della nostra personalità. 

Il ruolo dell’autostima è fondamentale nel percorso di vita di ogni individuo, se sufficientemente buona, essa determinerà una migliore qualità della vita. 

Come si costruisce la stima di noi stessi?

Quando nasciamo siamo tutti potenzialmente dei “vincenti”, come sostiene Eric Bern, psicologo che ha elaborato il modello terapeutico dell’Analisi Transazionale: 

“ciascun essere umano nasce principe o principessa, poi le esperienze convincono alcuni di essi di essere dei ranocchi”.

Il tipo di relazione ed i modelli comportamentali che verranno ad instaurarsi tra le figure di riferimento e il bambino determineranno il suo destino, anche se esso non risulterà affatto immutabile. Infatti, come afferma Berne, “Guarire è come togliersi la pelle del ranocchio e riprendere lo sviluppo interrotto di principi e principesse” . 

Tornando alla domanda del come si costruisce la stima di noi stessi, che può essere buona o meno, secondo l’Analisi Transazionale ognuno di noi ha un copione psicologico. Questo copione viene a costruirsi a partire da messaggi che il bambino riceve dai propri genitori o più in generale dai propri modelli di riferimento.

Il copione si inizia a strutturare anche ad un livello non verbale, attraverso il contatto fisico caldo e accettante oppure attraverso distanza e rifiuto.

I genitori indifferenti, ostili o che toccano poco i loro figli faranno percepire a questi ultimi il messaggio di non essere Ok e di non avere valore.

Al contrario madri e padri che già con il loro linguaggio non verbale trasmetteranno al bambino il suo “essere importante”, metteranno le primordiali basi di una buona costruzione della stima di sé del proprio figlio.

Le carezze

L’unità fondamentale di riconoscimento su cui si basa innanzitutto il valore della nostra esistenza sin da piccolissimi, viene chiamata da Berne “carezza”. Le carezze sono i mattoncini su cui si costruisce la nostra autostima. Da grandi esse assumono le sembianze di sorrisi, pacche sulla spalle, incoraggiamenti, e messaggi positivi, se si tratta di carezze positive e contribuiranno alla creazione di una buona stima di noi stessi.

La carezza positiva dà alla persona la sensazione di vitalità, di essere importante, intelligente e di avere valore, dice all’altro: “tu sei Ok”. Le carezze positive servono anche a dare informazioni alla persona sulle proprie abilità e risorse.

Per fare un esempio, un padre che chiede al figlio di tagliare il prato e dopo il lavoro fatto questi rimanda al figlio il messaggio positivo “l’hai tagliato bene, ora il prato è più bello” consentirà al ragazzo di capire cose positive su di sé e sulle sue abilità specifiche rinforzando la sua autostima. Le carezze autentiche, appropriate e non eccessive, nutrono una persona, sviluppando la sua vena vincente. 

Al contrario, se riceviamo di frequente, nel corso della nostra crescita, carezze negative, come critiche, rimproveri, disapprovazione, sarà più facile per noi che il nostro “giudice interiore” sia altrettanto critico, insoddisfatto di noi stessi e che ci stimi davvero poco.

Quali messaggi aiutano a costruire una buona autostima?

  • Messaggi positivi per ciò che siamo: sono riconoscimenti o carezze che ci vengono date per il solo fatto che esistiamo e che siamo come siamo. Ad esempio sentirsi dire “ti voglio bene”, “sono felice di vederti”, nutre la nostra idea di essere importanti e apprezzabili per ciò che siamo, con le caratteristiche che abbiamo.
  • Messaggi positivi relativi al fare: sono riconoscimenti sulle nostre abilità, come per esempio “hai fatto bene questa cosa!” oppure “complimenti, sei in gamba!”. Questi messaggi fanno luce solo sulle competenze e sulle risorse ed è su queste che poi la persona si formerà una valutazione di sé come persona competente e adeguata. Questi messaggi sul fare possono essere un’arma a doppio taglio se non adeguatamente bilanciati con i riconoscimenti sull’essere o se sottendono il doppio messaggio “sei ok solo se…fai bene, riesci etc…”.  Possono indurre a creare una idea di perfezione esclusivamente basata su performance di successo.

Quali messaggi non aiutano a costruire una buona autostima?

Si tratta di messaggi distruttivi, critici o che contengono un doppio messaggio. Tutti sottendono una svalutazione della persona. Ad esempio: “Non mi aspettavo che avresti fatto bene”, “E’ un buon risultato, considerando che l’hai fatto tu” oppure “Lascia, faccio io che faccio prima e meglio”.

E se l’autostima degli adulti è compromessa, lo sarà per sempre?

Assolutamente no!

Se l’autostima dei bambini e degli adolescenti è costruita dai messaggi che ricevono nelle loro relazioni affettive importanti, da grandi si può lavorare per cambiare rotta alla considerazione di se stessi.

Le persone, abbiamo visto, sviluppano un’idea di sé, sulla base di come sono viste o trattate dagli altri. Gli altri sono il nostro specchio, ci rimandano l’immagine che hanno di noi. Quindi l’immagine che ci restituiscono diventa pian piano sempre più nostra. C’è da dire però che gli altri sono altrettanto influenzati dal giudizio che abbiamo di noi stessi e tendono a vederci come noi ci vediamo.

Se noi abbiamo una bassa autostima e di conseguenza ci svalutiamo e denigriamo, se non crediamo nelle nostre capacità, potenzialità e risorse e quant’altro può esserci di positivo in un individuo, perché dovrebbero crederci gli altri?

Continuando ad auto-svalutarci rinforziamo il nostro copione negativo di perdenti. Al contrario bisogna imparare a credere nelle nostre capacità affinché anche gli altri possano crederci e rimandarci un’immagine positiva di noi stessi. 

Come adulti, infatti, possiamo continuare a trattarci come siamo stati sempre trattati dagli altri, rimanendo fedeli all’immagine che ci è stata restituita. Oppure possiamo re-imparare a conoscerci per ciò che siamo e apprezzarci, a prescindere dallo sguardo degli altri, senza aspettarci che il mondo ci riconosca se per primi non lo facciamo noi stessi.

Come alimentare dunque la nostra autostima?

Bisogna riscoprire un modo ed uno spazio per stare in compagnia amorevole di sé stessi. Questo per guardarsi con atteggiamento accogliente, anche delle proprie vulnerabilità, oltre che dei propri punti di forza.