L’ EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing – o desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari, è un particolare tipo di approccio terapeutico scoperto dalla ricercatrice americana Francine Shapiro nel 1989; procedura di trattamento standardizzata, scientificamente comprovata da più di 44 studi randomizzati controllati condotti su pazienti traumatizzati. 

Inizialmente era raccomandato per il trattamento del PTSD, disturbo post traumatico da stress, che si ingenera in seguito a quelli che sono definiti Traumi con la “T” maiuscola, eventi di vita che hanno coinvolto la persona in modo violento e ne hanno minacciato l’integrità, come incidenti, lutti, disastri naturali, ma è diventato rapidamente un trattamento efficace per qualunque disagio che possa essere legato ad esperienze stressanti e/o traumatiche (traumi con la “t” minuscola). 

Non solo traumi con la T maiuscola

Esperienze che sembrano apparentemente poco rilevanti possono assumere un peso sopratutto se ripetute nel tempo o se subite in momenti di particolare vulnerabilità o nell’infanzia. È allora che umiliazioni, abbandoni, trascuratezza e paure lasciano il segno modificando non solo i nostri atteggiamenti, le emozioni e le relazioni con gli altri nel corso della vita ma imprimendosi anche in aree del cervello laddove queste esperienze restano congelate con tutto il loro portato di dolore e inelaborate, all’interno delle reti mnestiche. Sono i cosiddetti traumi con la “t” minuscola, i traumi relazionali, i traumi dell’attaccamento. Grazie alle proprie risorse e al supporto del prossimo, la maggioranza delle persone traumatizzate riesce a recuperare un nuovo equilibrio: questo perché il nostro cervello è comunque programmato per adoperare un processo di autoguarigione ed elaborazione delle esperienze dolorose.

Tuttavia laddove la portata traumatica raggiunge una entità tale da bloccare questo naturale processo, o la persona è troppo giovane e vulnerabile, le ferite possono continuare a sanguinare anche a distanza di anni, e riattivarsi nel presente in seguito a fatti, circostanze, stimoli sia esterni che interni che in qualche modo riattivano il trauma originario (“trigger”). Il trauma in questi casi è come se fosse presente, le sensazioni sono vive: insicurezza, mancanza di autostima, colpevolizzazioni, attacchi di panico, ansie sono gli strascichi più evidenti. 

Si è visto che i ricordi traumatici sono immagazzinati nel cervello in modo differente dai ricordi non traumatici. I primi si collocano sopratutto nell’emisfero destro, separati dai ricordi positivi come se fossero congelati in uno spazio e tempo diversi dal resto dei nostri vissuti. Qui continuano ad agire, ma queste cicatrici sono in realtà il ricordi di ciò che è successo. Sono questi ricordi che verranno elaborati con l’EMDR. 

La seduta EMDR

Il paziente viene invitato a notare i pensieri, le sensazioni fisiche e le immagini collegate con l’esperienza traumatica; nel contempo il terapeuta gli fa compiere dei semplici movimenti oculari, o procede con stimolazioni alternate destra-sinistra. Tali stimolazioni hanno lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali. Le reti neurali all’interno delle quali era immagazzinato il ricordo con tutta la sua portata emotiva si “aprono” e permettono al cervello di creare nuove connessioni e associazioni di significato più adattive. La persona sarà in grado di ricordare l’evento traumatici come parte della propria storia, senza soffrire più dei sintomi e delle emozioni soverchianti collegati a quella esperienza.